Oggi torniamo con la nostra rubrica dedicata agli autori emergenti^^
Nei prossimi giorni ci saranno diverse puntate straordinarie perchè abbiamo moltissimi romanzi da presentare per cui...restate sintonizzati!
Il romanzo di oggi è:
Alone. Il solitario di Giada Bafanelli
Casa Editrice: Autopubblicato
Formato: ebook
Prezzo: 0,99
Data di pubblicazione: 09/07/2015
Trama
Dopo aver attraversato la Svezia, il
cacciatore di lupi mannari Einar Ivarsson arriva nella piccola e
silenziosa città di Falun. Lì viene
ingaggiato per uccidere Kirsi, una ragazza che due mesi prima si è
tramutata in mannaro, aggredendo due
uomini. Ma niente è ciò che sembra e, tra apparizioni
misteriose e rivelazioni oscure quanto
pericolose, Einar si troverà a dover fare delle scelte difficili
che riporteranno a galla il suo
passato.
L’autrice
Giada Bafanelli ha 27 anni e le sue più
grandi passioni sono sempre state la musica e la narrativa,
specialmente di genere fantasy. Oltre
al racconto urban fantasy “Alone. Il solitario”, ha pubblicato il
romanzo fantasy ispirato alla mitologia
norrena “La figlia della vendetta” e il prequel “I giardini di
Un estratto
Einar guardò l’orologio per
l’ennesima volta. Detestava quando la gente non arrivava in orario.
«Vuole ordinare, ora?» la cameriera,
una ragazzina magra e piena di lentiggini intenta a masticare
un chewingum, si era accostata di nuovo
al suo tavolo.
«No, grazie. Sto ancora aspettando una
persona.»
La cameriera rispose con un’alzata di
spalle e si allontanò.
Einar, sbuffando, si poggiò allo
schienale. Il suo cellulare era andato, e non poteva nemmeno
chiamare la cliente per sapere se fosse
morta. “Quasi tre quarti d’ora di ritardo, cazzo…”
E pensare che si era dovuto alzare
all’alba e aveva attraversato in auto quella che a lui sembrava
mezza Svezia, per arrivare puntuale
all’appuntamento in quel buco di città. Si voltò a guardare
verso la finestra: fuori aveva ripreso
a nevicare così forte che era difficile distinguere persino i
palazzi dall’altra parte della
strada. Era ovvio che a quel punto, e per di più con un tempo del
genere, non si sarebbe presentato
nessuno. Cercando di reprimere l’irritazione, si alzò dal suo
posto
«’Fanculo» mormorò a denti
stretti, rendendosi conto che la cameriera lentigginosa lo stava
fulminando da lontano. Ma, considerando
che aveva occupato per tre quarti d’ora un tavolo senza
consumare niente, suppose che
quell’occhiataccia fosse più che meritata. Prese il portafogli e
lo
aprì, alla ricerca di una banconota da
lasciare sul tavolo prima di allontanarsi. “Quante Corone di
Come se avesse avuto una sua volontà,
lo sguardo gli cadde sulla fotografia che teneva, ormai da
Eva sorrideva, in quella foto. I
capelli lunghi e biondi le ricadevano scompigliati sulle spalle; le
labbra rosse spiccavano come due petali
sulla carnagione chiara.
Einar distolse lo sguardo e si morse
l’interno della guancia. Si accorse che una mano gli tremava,
così richiuse il portafogli e se la
infilò in tasca.
«Signor Ivarsson?» una voce femminile
lo riportò alla realtà. Rialzò lo sguardo e i suoi occhi si
posarono su un viso di mezza età,
segnato però da rughe che sarebbero dovute appartenere a una
donna molto più vecchia. «Sono Päivä
Saarinen, ci siamo sentiti al telefono l’altro giorno. Mi
dispiace se l’ho fatta aspettare, ma
sono stata bloccata a causa del tempo.»
Einar ricacciò indietro la smorfia che
gli si stava dipingendo in faccia. «Signora Saarinen…» disse,
stringendole la mano. «Non si
preoccupi, ero appena arrivato.»
Solo dopo che la cameriera ebbe preso
le ordinazioni, la signora Saarinen si arrischiò a rivolgergli
Einar conosceva bene quell’espressione,
perché era quella che di solito assumevano i familiari del
mutato quando non sapevano come
cominciare il discorso spinoso che avrebbero dovuto affrontare.
Nonostante cercassero di mascherare la
vergogna e la paura, Einar ormai era in grado di riconoscere
Inoltre, tanto tempo prima, anche lui
aveva provato quegli stessi sentimenti.
«Allora» disse, per rompere il
silenzio che si era creato «al telefono mi ha parlato di un mutato,
ma
Päivä Saarinen annuì. «Si tratta di
Kirsi, mia figlia. È successo due mesi fa» la signora Saarinen
parlava svedese con un accento
finlandese così forte che Einar aveva paura di non riuscire a capire
le parole. «Io e Kirsi ci siamo
trasferite da Tampere l’anno scorso, dopo la morte di mio marito.
Qui
a Falun vive mia cognata, che mi ha
aiutata a trovare un nuovo lavoro e a rifarmi una vita. Sa,
signor Ivarsson, non riuscivo più a
restare a Tampere: avevo troppi ricordi, laggiù.» La donna
distolse lo sguardo dal suo.
«Purtroppo, per Kirsi è stato molto diverso. Lei è solo una
ragazza e io,
accecata com’ero dal dolore, non ho
pensato a quello che poteva provare. Prima ha perso suo padre,
e poi io l’ho sradicata dalla sua
vita, portandola qui. Ha finito per odiarmi.»
Einar annuì per educazione, anche se
non poté fare a meno di mettersi a tamburellare con le dita sul
«Comunque, pur di stare lontana da me,
Kirsi ha cominciato a girovagare per la città. Usciva a tutte
le ore del giorno e della notte. Ero
terribilmente preoccupata, ma lei non voleva starmi a sentire.
Anzi, se ne andava di proposito a orari
improponibili, pur di farmi stare in pensiero.»
La signora Saarinen annuì, fissando la
tazza di blåbärssoppa che aveva davanti.
«Una notte, però, sono stata chiamata
dall’ospedale. Kirsi era stata aggredita da un animale, ed era
ferita gravemente» la donna interruppe
il suo discorso per asciugarsi gli occhi col polpastrello. «Mi
«Quando sono arrivata non mi hanno
nemmeno lasciata entrare. Due infermieri del turno di notte
erano stati sbranati, e Kirsi era
scomparsa.»
«Com’era la luna, quella notte?»
domandò Einar.
«Piena» rispose. «È stata Kirsi ad
aggredire quegli uomini. Li ha uccisi, capisce? Un sopravvissuto
La donna scosse la testa. «No,
sinceramente non credo che lei possa capire.»
“E tu cosa ne sai?” pensò, ma
evitò di risponderle.
«Mi perdoni.» Lo sguardo che Päivä
Saarinen gli lanciò sembrava dispiaciuto.
Einar rispose con un’alzata di
spalle.
«Il fatto è che non è facile, per
una madre, accettare una cosa del genere. Non riesco ancora a
credere che Kirsi abbia ucciso delle
persone, io… non riesco a credere che sia mutata, che sia
successo proprio a lei.» La donna
tornò a fissare il blåbärssoppa, poi prese un respiro profondo e
continuò: «È per questo che l’ho
contattata, signor Ivarsson. Kirsi ha bisogno di essere aiutata, e
lei
Einar non riuscì a nascondere la
sorpresa. «Aiutarla?» Aveva parlato a voce troppo alta, e alcuni
clienti si erano voltati a guardarlo
dai loro tavoli. «Signora Saarinen, io non posso aiutare sua figlia.
Nessuno può farlo» spostò la sedia
un modo da potersi avvicinare un po’ di più alla donna. «Una
volta che il contagiato muta, non c’è
modo di tornare indietro.»
«Lo so» rispose lei. «Non sono una
sciocca, signor Ivarsson, e ho smesso di farmi illusioni molto
tempo fa. Niente tornerà più com’era
prima. Ma una madre ha il dovere di aiutare la propria figlia,
ed è per questo che l’ho chiamata.
Se la morte è l’unico aiuto che posso dare a Kirsi, ebbene, glielo
darò.» stavolta, la sua voce era
chiara e ferma. «La prego, uccida Kirsi per me.»