Il giorno in cui ho imparato a volermi bene di Serge Marquis
Il libro
Casa Editrice: Sperling & Kupfer
Collana: Parole
Data di pubblicazione: 16 gennaio 2018
Pagine: 255
Prezzo: 16.90 €
ISBN: 9788820063924
Trama:
Un romanzo che mette in pace con se stessi.
Maryse, illustre neuropediatra, è una donna bella e intelligente, ma terribilmente narcisista e ossessionata dal bisogno di essere sempre la più brava, la più ammirata - la numero uno. È anche madre di Charlot, un bambino singolare, che sa meravigliarla ed esasperarla al tempo stesso. Come una sorta di Piccolo Principe, fin dalla più tenera età Charlot la disarma con domande sulle verità più essenziali e meno afferrabili: la felicità, il senso della vita e dell'amore. Grazie a Charlot e ai suoi quesiti filosofici che la mettono in difficoltà, Maryse inizia pian piano a spogliarsi delle sue certezze inossidabili. Grazie a Charlot e alle sue lacrime, Maryse capisce che certe ferite inflitte dalla vita non hanno un motivo né una spiegazione, e riscopre il valore dell'umanità nel ruolo di medico. Con il suo candore acuto e il suo coraggio ostinato anche di fronte alle prove più dure, un ragazzino come Charlot sarà in grado di dimostrare agli adulti che l'essenziale nella vita sta nell'assaporare ogni istante del presente, nel riscoprire quella tenerezza che ci permette di entrare in connessione con gli altri, nello spogliarsi del proprio ego e di tutte le maschere che ci impone. Solo così è possibile imparare a volersi bene e lasciarsi andare alla vera gioia, quella che si raggiunge solo con l'intelligenza del cuore. Perché «diventare intelligenti è aver trovato il significato reale della parola amare».
Maryse, illustre neuropediatra, è una donna bella e intelligente, ma terribilmente narcisista e ossessionata dal bisogno di essere sempre la più brava, la più ammirata - la numero uno. È anche madre di Charlot, un bambino singolare, che sa meravigliarla ed esasperarla al tempo stesso. Come una sorta di Piccolo Principe, fin dalla più tenera età Charlot la disarma con domande sulle verità più essenziali e meno afferrabili: la felicità, il senso della vita e dell'amore. Grazie a Charlot e ai suoi quesiti filosofici che la mettono in difficoltà, Maryse inizia pian piano a spogliarsi delle sue certezze inossidabili. Grazie a Charlot e alle sue lacrime, Maryse capisce che certe ferite inflitte dalla vita non hanno un motivo né una spiegazione, e riscopre il valore dell'umanità nel ruolo di medico. Con il suo candore acuto e il suo coraggio ostinato anche di fronte alle prove più dure, un ragazzino come Charlot sarà in grado di dimostrare agli adulti che l'essenziale nella vita sta nell'assaporare ogni istante del presente, nel riscoprire quella tenerezza che ci permette di entrare in connessione con gli altri, nello spogliarsi del proprio ego e di tutte le maschere che ci impone. Solo così è possibile imparare a volersi bene e lasciarsi andare alla vera gioia, quella che si raggiunge solo con l'intelligenza del cuore. Perché «diventare intelligenti è aver trovato il significato reale della parola amare».
Il mio commento:
Il giorno in cui ho imparato a volermi bene narra il modo
in cui il piccolo Charlot ha saputo cambiare la vita di sua madre Maryse.
La donna è una neuropsichiatra infantile e il suo
obiettivo nella vita è stato sempre quello di eccellere sugli altri.
Ma la vita le ha donato un figlio speciale, sensibile ed
estremamente intelligente che saprà farle capire che la carriera non è tutto,
che esistono le persone e soprattutto i loro sentimenti, che soffrire è umano e
amare gli altri non può che arricchire noi stessi.
Il libro racconta la storia di Maryse e di Charlot a
partire dal momento del parto fino all'adolescenza soffermandosi in particolare
nei momenti più duri e difficili, i quali però rappresenteranno dei passaggi
fondamentali di crescita per i protagonisti.
Un libro toccante, duro, a volte anche troppo se devo
essere sincera, che vi farà versare non poche lacrime ma che merita di essere
letto.
Ed ora approfondiamo insieme la figura di Charlot:
Presentato fin dalle prime pagine come un bambino
“speciale” Charlot si dimostra fin dalla più tenera età acuto ed intelligente,
capace di mettere in seria difficoltà una madre poco attenta alle esigenze di
un figlio che mette continuamente in discussione il suo enorme ego.
Charlot sa sempre come colpire il bersaglio e se la
maggior parte dei bambini fa i capricci perché vuole l’ultimo videogioco uscito
sul mercato o perché ha perso la partita a pallone Charlot si fa domande
esistenziali, sulla natura del nostro essere profondo e riguardo scopo della
vita.
Charlot è la nota positiva in un romanzo che senza la sua
ventata di perenne fiducia verso il mondo e verso la vita sarebbe risultato
spaventosamente triste e crudele.
Charlot è leggero come un fuscello ma forte come una
roccia.
Anche davanti alle continue difficoltà a cui la vita lo
sottopone non si spezza e soprattutto con le sue continue domande e riflessioni
farà crescere tutte le persone adulte che lo circondano, in primis la mamma che
da donna chiusa e volta solo verso il proprio successo all’inizio della storia
si risveglierà dal suo torpore e imparerà ad affrontare il dolore, a lasciarsi
andare ai sentimenti, a mettere gli altri prima di se stessa.
Un passaggio del romanzo che mi ha davvero emozionata è
stato il momento in cui a Charlot è stata diagnosticata l’atrofia del nervo
ottico, che lo avrebbe portato alla perdita della vista e forse anche
dell’udito.
Al momento della diagnosi Maryse cade nello sconforto più
totale e non tanto per ciò che potrà provare Charlot ma per quello che dovrà
affrontare lei per supportare un invalido, e proprio quando la donna è quasi
catatonica Charlot con la sua vocina (almeno io così me lo sono immaginata) la
riporta alla realtà:
< Ma non hai sentito il dottore, mamma? Io ci vedo ancora.> Poi, scandendo ogni sillaba, ha ripetuto: <CI-VE-DO-AN-CO-RA!>.
Da questo passaggio si capisce pienamente il carattere di
Charlot.
Un altro punto focale intorno al quale ruota la narrazione
riguarda la definizione dell’ego.
Partendo dalla domanda di Charlot alla mamma e passando
poi attraverso le riflessioni dello psicologo…l’ego rappresenterà una parte
importantissima del romanzo.
L’ego è la malattia più diffusa nel nostro secolo, tutti
ne soffrono e più questo cresce più chi ci sta intorno ne subisce le
conseguenze.
Nel corso del romanzo seguiremo il nostro piccolo
protagonista lungo tutta la sua giovinezza, e proprio l’adolescenza sarà un
momento durissimo per lui perché nonostante la malattia e i lutti già
affrontati in tenera età dovrà affrontarne uno ancora più grande rappresentato
dalla sua migliore amica e fidanzata Marie-Lu, pagine strazianti queste che vi
spezzeranno il cuore.
Come avrete capito "Il giorno in cui ho imparato a volermi
bene" è un libro duro, che affronta il male peggiore, quello infantile, ma
nonostante questo dà al lettore moltissimi spunti di riflessione e una nota
positiva, rappresentata appunto da Charlot.
L'autore:
Serge Marquis
è uno medico canadese specializzato nel trattamento dei
disturbi da stress e ansia. Conferenziere molto apprezzato, nel 1995 ha fondato
e da allora dirige l’associazione Tortue (Organizzazione per la riduzione delle
tensioni e dello stress in azienda).
Non perdete le prossime tappe del blogtour per approfondire gli altri personaggi!
A presto,
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